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L’incalzare degli eventi, almeno in vista della conclusione dell’anno, suggerisce di dare uno sguardo al lavoro fatto e l rapido mutamento della realtà intorno a noi.
Nel giro di poche settimane è accaduto veramente di tutto nella politica: decadenza di Berlusconi e scissione tra Forza Italia e Nuovo Centro Destra; dimissioni di Monti e scissione di scelta Civica dall’Udc; nuova maggioranza di Governo, sentenza della Consulta sul sistema elettorale, elezione di Matteo Renzi a segretario del Pd e di Matteo Salvini a capo della Lega Nord (sconfiggendo il fondatore Umberto Bossi); il nuovo VDay di Grillo e la protesta del movimento 9 dicembre – forconi. Se qualcuno ancora pensava che le elezioni dello scorso febbraio non avessero inciso sul nostro quadro istituzionale, ora ha di che riflettere. Quello che non cambia è l’elenco dei problemi sul tavolo: economia ed occupazione per primi, ma subito dopo la necessità di un nuovo sistema elettorale, che non può più essere disgiunto da alcune riforme istituzionali che ridiano credibilità ai massimi organi elettivi.
I commenti sulla legge di stabilità, che i media ampiamente riportano, vedono le categorie, ma anche i sindacati ed i sindaci, commentare con delusione la mancanza di quelle misure in grado di far ripartire il Paese. Certamente l’analisi della crisi in cui ancora siamo immersi è drammatica, ma è stato forse un po’ ingenuo confidare che una manovra potesse improvvisamente reperire quelle risorse e definire quelle misure di investimento in grado di procurare uno shock positivo al nostro sistema produttivo. I nostri conti pubblici non sono risanati: sono migliorati alcuni trend, grazie al sacrificio fatto dalle famiglie e dalle imprese nel 2012 e 2013, miglioramenti che troviamo riflessi in uno spread stabilmente più basso.
Alcuni tra i maggiori economisti hanno già dal 2010 coniato il concetto del “New Normal” per definire lo scenario scaturito dalla grave crisi finanziaria, dal rallentamento congiunturale e dalla recessione che ha colpito e colpisce in particolare Europa e Stati Uniti. Non siamo oggi all’interno di una crisi che finirà, ma di un nuovo ciclo economico che avrà “normalmente” queste caratteristiche.
Se si fosse riflettuto meglio su questo concetto non avremmo concentrato energie per ottenere provvedimenti che necessitavano risorse assenti, ma avremmo perseguito interventi di stabilizzazione dei settori con potenziale di crescita, a fronte di esportazioni e di maggiori consumi da riattivare.
In Confagricoltura abbiamo fatto una scelta diversa, riflettendo non sul momento contingente (e cioè un intervento puntuale che tentasse con un colpo di ridare fiato alle imprese come se non fosse cambiato nulla), ma puntando a pochi obiettivi compatibili con la situazione generale. Ci siano battuti per un nuovo assetto fiscale per le imprese e lo abbiamo fatto considerando il “New Normal” che questi due anni di interventi ci hanno fatto capire. Abbiamo trovato e difeso un giusto calibro dell’imposizione. Abbiamo cercato le risorse per compensare le scelte che proponevamo, come nel caso delle società agricole, sapendo che non ci sono più tesoretti da assaltare. Abbiamo persuaso i legislatori che dare equilibrio alla struttura economica dell’impresa agricola diventa utile per spingere un po’ la crescita. E’ per questo che possiamo dirci soddisfatti del lavoro svolto e dei risultati ottenuti.
Mario Guidi