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Innovazione, promozione e aggregazione. Sono queste le tre parole d’ordine per il futuro della vitivinicoltura italiana che intende svilupparsi e competere sui mercati. A lanciarle è stato Agrinsieme (il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative italiane dell’agroalimentare) oggi al Vinitaly nel corso del convegno “L’Italia del vino vuole crescere: sostenibilità, mercato, politica agricola europea”.
La riflessione di Agrinsieme si è concentrata sulle prospettive e sulle problematiche del settore nell’ambito della nuova Pac verso il 2020, ma ha spaziato anche sull’intero arcipelago vitivinicolo italiano che in questi anni ha mostrato una significativa espansione: nel 2013 l’export ha toccato i 5 miliardi di fatturato, mettendo a segno una crescita in valore del 7%. Dati importanti che, tuttavia,vanno consolidati con nuovi indirizzi e strumenti delle politiche. Da qui l’esigenza di aggiungere alla promozione e alla ristrutturazione, investimenti orientati all’innovazione, fondamentale per affrontare le rinnovate politiche comunitarie.
L’apprezzamento in Italia per la misura della Promozione sui mercati dei Paesi Terzi è indice di un settore ambizioso e capace che ha ora bisogno di misure completare la modernizzazione del sistema. E l’innovazione potrebbe essere la nuova leva.
“L’innovazione per il settore vitivinicolo – ha rimarcato Agrinsieme – interessa quei “percorsi-processi” che garantiscono risultati e, quindi, benefici per la competitività e la crescita del comparto e dell’agroalimentare nel suo complesso. Dunque, innovare per crescere, per rafforzare la competitività, per migliorare la fidelizzazione del consumatore alle produzioni “made in Italy”, per fronteggiare la lotta alla contraffazione che causa pesanti danni diretti e indiretti ai nostri prodotti.
Agrinsieme, comunque, ritiene non più rinviabili processi di aggregazione. Servono nuove forme di collaborazione e cooperazione tra imprese per poter utilizzare al meglio gli strumenti della nuova Ocm unica, cogliendo a pieno tutte le opportunità che il mercato, ormai globale, offre.
In tale contesto, un ruolo chiave – ha sottolineato Agrinsieme – deve essere giocato dal settore pubblico, cui il coordinamento non chiede di riesumare antichi schemi, ma una rinnovata capacità di fare sistema con il tessuto imprenditoriale nazionale. Ma anche più efficienza che significa meno burocrazia e più semplificazione. Il che si traduce in maggiore competitività.
Alle istituzioni pubbliche Agrinsieme sollecita anche un maggiore impegno sul fronte delle politiche internazionali, in particolare con adeguate politiche di promozione e con accordi commerciali, sempre più equilibrati. In un mercato globale è, infatti, necessario che gli operatori italiani abbiano pari oneri rispetto ai concorrenti esteri. Occorrono intese che vadano ad incidere sui dazi, sulle tariffe, sulle barriere non tariffarie, senza dimenticare la sempre più importante lotta alla contraffazione e, di conseguenza, una protezione dei marchi e delle indicazioni geografiche.
Il convegno è stato anche l’occasione per analizzare i prossimi scenari della gestione del potenziale vitivinicolo. Il regime dei diritti di impianto resta per Agrinsieme lo strumento più adatto, mentre il nuovo sistema basato sulle autorizzazioni potrebbe risultare particolarmente critico per l’equilibrio economico e sociale del settore.
Secondo Agrinsieme, il divieto di trasferire le autorizzazioni, benché gratuite, può essere limitativo rispetto alla crescita della aziende più dinamiche e causa di un loro possibile pregiudizio economico. Può, inoltre, provocare ai produttori risvolti negativi sul piano fiscale e finanziario. La riflessione è stata rivolta anche a nuovi criteri che possano riaffermare l’importanza di valorizzare la validità economica di progetti di ampliamento aziendale, principio valido sia per una piccola impresa che per una grande.
Infine, oltre alla proroga sino al 2020 della validità dei titoli attualmente in portafoglio, Agrinsieme ha sollecitato Bruxelles a intervenire per chiarire che questi titoli possono essere trasferiti sino alla scadenza della riforma Pac, così da garantire un passaggio più graduale al nuovo modello di gestione.