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È stato un anno “intenso” e complesso per l’agricoltura italiana per il presidente di Confagricoltura Mario Guidi. Tante le cose successe, a partire da Expo, “un’operazione di successo in termini conoscitivi e di partecipazione, ma che pero non è riuscita a mostrare il vero volto dell’agricoltura e i cui risultati si vedranno proprio nel 2016”. Sull’azione del governo Guidi è positivo: “Bene il risultato della Stabilità sia per quanto riguarda l’imu, l’Irap e gli altri interventi relativi al settore. L’azione di governo c’è stata ed ha tenuto in debita attenzione l’agricoltura. Ma paradossalmente – spiega il presidente ad AGRICOLAE – proprio l’anno di Expo e l’anno in cui il governo ha mostrato piu attenzione è stato quello in cui l’agricoltura più silenziosamente degli altri anni è entrata in una crisi strutturale. Sebbene ci siano state poche urla in giro, i bilanci sono i peggiori degli ultimi anni, tranne che per qualche settore”. Soprattutto la vicenda del latte “ha dimostrato come la filiera agricola sia disconnessa e quanto lavoro ci sia da fare per creare un’agricoltura competitiva”.
È stato “un anno di verità”, prosegue il presidente degli imprenditori agricoli “in cui si è visto l’esito di questa riforma della Pac cervellotica e burocratizzata al massimo in cui nessuno ha dato il meglio di se, le regioni, il ministero e i sindacati. È venuta fuori una Pac che gli agricoltori non capiscono e che darà meno risorse in maniera non organizzata”. Si sono viste le due agricolture dell’Italia, prosegue ancora Guidi: quella delle 550 mila aziende che percepiscono meno di 1250 euro e quelle delle 440mila aziende che percepiscono piu di 1250 euro”. Ma una cosa è certa: “L’Italia agricola non può fare a meno del mondo, lo abbiamo capito dall’embargo russo e dalla minore capacita di spesa dei cinesi. Dunque è bene praticare l’internazionalizzazione non solo come elemento di slogan”.
E per il 2016? “mi auguro che l’agricoltura finalmente venga interpretata nel modo corretto come un vero settore economico e che si provveda rapidamente nei processi di sburocratizzazione come primo elemento di competitività. Ma non solo: che si capisca che l’agricoltura è fatta di lavoro, innovazione e di capacità. E che finiscano certi slogan che ci hanno tenuto finora imprigionati. Tutto questo è semplicemente nelle nostre mani – conclude -, inutile dare colpe a terzi”.