Condividi
Condividi
La giunta esecutiva di Confagricoltura – riunitasi per esaminare il disegno di legge in via di approvazione in materia di lavoro – ha condiviso l’impianto complessivo della norma proposta, ma ha anche espresso forte preoccupazione per le ricadute che alcune misure contenute nel provvedimento contro il caporalato potrebbero avere sul sistema imprenditoriale agricolo nel suo complesso.
“Il provvedimento – si legge in un comunicato stampa – è assolutamente condivisibile, ma gli strumenti previsti non centrano solamente l’obiettivo della lotta all’intermediazione illecita e allo sfruttamento, ma rischiano di far sentire i loro effetti anche sulle imprese che operano correttamente sul mercato del lavoro.”
Gli “indicatori di sfruttamento del lavoro” che la legge introduce e che sono alternativi tra loro (basta che ne ricorra uno solo), infatti, rilevano lo sfruttamento, ma per fare questo allargano lo spettro a violazioni lievi e meramente formali di normative legali e contrattuali, quali il rispetto dell’orario di lavoro, la retribuzione, l’ igiene, con il rischio che nell’attuazione poi si applichino norme penali a fattispecie lievi ed isolate, più che alle reali situazioni di illegalità. Le norme, quindi, vanno a colpire le aziende agricole a prescindere dal collegamento con l’intermediazione di manodopera irregolare, con il risultato che potrebbe essere punito con la reclusione, con la confisca dei beni e con il controllo giudiziario dell’azienda, anche chi incorre accidentalmente in una trasgressione meramente formale e spesso marginale.
“Non e’ possibile che una Legge dello Stato crei un rischio potenziale di colpire indiscriminatamente i datori di lavoro di un settore che occupa più di un milione di persone e che ha mantenuto i livelli occupazionali anche in questi anni di crisi e di difficoltà – commenta la giunta di Confagricoltura -. Non si può trattare allo stesso modo chi, con violenza, intimidazioni e minacce, sfrutta e schiavizza i lavoratori e chi, invece, assume e assicura regolarmente i propri dipendenti e incorre in violazioni che riguardano aspetti non sostanziali del rapporto di lavoro, magari per circostanze plausibili”.
Inoltre, condizioni come questa non favoriscono il confronto ai tavoli per il rinnovo dei contratti provinciali di lavoro per gli operai agricoli, giacché attribuiscono all’elemento retributivo, come agli altri potenziali indicatori di sfruttamento, una valenza che oltrepassa la loro naturale funzione. E questo rende più complicate le trattative in corso con i sindacati, perché se le clausole contrattuali possono avere rilievo penale, esse richiedono momenti di maggiore riflessione, con il concreto rischio di uno stallo nei rinnovi. Senza dimenticare che il contratto di lavoro rimane un accordo fra parti, non sanzionabile dalla legge nelle sue singole previsioni normative.