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L’unità di progetto per l’eradicazione della Peste suina africana si è riunita questa mattina a Villa Devoto e alla presenza del presidente Francesco Pigliaru ha fatto il punto sullo stato degli interventi (presenza della malattia fra suini domestici e cinghiali selvatici) e sulle prossime azioni da mettere in campo in vista della stagione autunnale. All’incontro hanno partecipato il professore dell’Università di Madrid, José Manuel Sànchez-Vizcaino, che collabora con la Regione Sardegna nella lotta contro il virus, e il direttore generale del ministero dell’Agricoltura della regione spagnola dell’Estremadura, Antonio Cabezas Garcia. Proprio dall’esperienza iberica, dove l’epidemia è stata debellata nel giro di pochi anni (1990-95), l’Unità di progetto ha già preso e sta continuando a prendere spunto per alcuni interventi e misure da adattare alla Sardegna. Nello specifico, la realtà produttiva e la morfologia dei territori dell’Estremadura hanno diverse somiglianze con le zone rurali del Nuorese e dell’Ogliastra, dove maggiori sono le difficoltà per combattere la PSA a causa degli allevamenti illegali, non controllati dai servizi sanitari delle ASL, e del pascolo brado, che mette in contatto animali sani e malati in un continuo proliferare della Peste.
Le estensioni degli allevamenti confinati in semibrado. Concluso l’incontro con il presidente Pigliaru e gli assessori della Sanità e dell’Agricoltura, Luigi Arru ed Elisabetta Falchi, i lavori sono proseguiti sotto il coordinamento del responsabile dell’Udp e direttore generale della presidenza della Regione, Alessandro De Martini. Fra i vari punti affrontati quello dell’estensione degli allevamenti regolari che, nelle scorse settimane, aveva creato qualche incomprensione fra gli allevatori.
"Per allevamento confinato in semibrado – ha spiegato De Martini – si intende la pratica di allevamento che comporti la detenzione di suini all’aperto in spazi confinati, costituiti da un unico appezzamento, di superficie non superiore a 10 ettari nelle zone infette e non superiore a 40 ettari nelle zone bianche. La separazione esistente tra queste strutture e l’esterno, realizzata grazie a recinti o altri manufatti alti almeno un metro e 50 centimetri, non deve essere accessibile da parte di altri suini o cinghiali selvatici presenti al di fuori dell’allevamento. Tali recinzioni possono essere realizzate con muretti a secco o con doppie delimitazioni in rete metallica. Si ribadisce, inoltre, – ha concluso il responsabile dell’Unità di progetto – che il carico di animali sostenibile per ettaro non deve superare i 15 quintali.”