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Usa e Canada sono i mercati oltre-confine più importanti dell’agroalimentare made in Italy dopo la Germania: nel 2016 le spedizioni di food & beverage dall’Italia al Nord-America hanno superato 4,6 miliardi di euro di euro in valore, pari al 12% del totale, e nei primi sette mesi di quest’anno le vendite italiane negli Usa sono aumentate di oltre il 7%. Sono i dati emersi da un’indagine realizzata da Agrifood Monitor di Nomisma e Crif sulle possibilità di espansione dell’agroalimentare italiano sul mercato nordamericano.
La survey ha cercato di capire la conoscenza e la reputazione dei prodotti italiani presso i consumatori Usa e canadesi facendo il punto sulle prospettive di export: il prezzo rappresenta il primo criterio di acquisto per oltre il 20% di statunitensi e canadesi (con punte che arrivano oltre il 40% nel caso dei consumatori del Mid-West), ma il “made in Italy ”è al primo posto come reputazione in termini di qualità presso tutti i consumatori Usa e al secondo posto per i canadesi.
Il tasso di penetrazione dei prodotti italiani è di circa l’80% per entrambi i Paesi e oltre il 10% dei consumatori possono essere definiti “authentic user”, ossia persone in grado di indicare brand di aziende italiane, che consumano prodotti del “Made in Italy” anche a casa e si dicono disposte a spendere di più per un prodotto del Belpaese.
Sempre secondo lo studio di Nomisma e Crif, inoltre,  nei prossimi 5  anni è previsto un aumento di oltre il 14% dei  redditi medi pro-capite negli Usa, oggi compresi tra i 42mila e i 57mila dollari annui, mentre in Canada la spinta potrebbe arrivare dal Ceta, l’accordo di libero scambio stipulato con l’Ue oggi in vigore in modalità provvisoria.
Gli Stati Uniti valgono oggi più di 130 milioni di euro di importazioni di cui l’Italia detiene una quota del 3,4% che scende al 2,6% in Canada Paese che complessivamente importa  food & beverage  per 32 miliardi di euro.
I prodotti dell’alimentare “made in Italy”  più ricercati negli Usa e in Canada sono vino, olio d’oliva, formaggi e pasta che rappresentano  il 65% circa delle esportazioni agroalimentari complessive.