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Nonostante gli sforzi del tavolo e le proposte messe in campo dalla Regione Sardegna la trattativa sul comparto ovicaprino sardo non ha prodotto i risultati sperati almeno per quanto riguarda il prezzo del latte.
La Regione ha messo in campo ulteriori fondi che insieme a quelli che metterà in campo il governo dovrebbero distogliere dal mercato 60.000 quintali di formaggio, con il risultato di una rapida e significativa crescita del prezzo dello stesso e dunque del latte.
Tutto il tavolo si è trovato d’accordo nel condividere la proposta di ancorare il prezzo del latte alla quotazione del Pecorino romano e di tutti gli altri formaggi.
Il mondo della trasformazione, inoltre, ha trovato un accordo che prevede, a partire dal 1 marzo, che il prezzo del Pecorino Romano non debba scendere sotto i 6 euro al kg.
Nonostante tutto questo gli industriali privati hanno proposto un aumento del prezzo del latte di 5 centesimi di euro per litro e dunque a 0,65 euro iva inclusa, sebbene alcune cooperative stiano già pagando 70 centesimi al litro. Una proposta inaccettabile che non ha consentito di chiudere il tavolo in maniera proficua.
Confagricoltura prende atto dell’atteggiamento della componente industriale, che ancora una volta non si è resa disponibile a collaborare per creare un progetto di filiera duraturo per il comparto ovicaprino sardo e per costruire una strategia di sviluppo e un sistema di norme capaci di regolare in maniera permanente i rapporti all’interno della filiera, garantendo la necessaria trasparenza della filiera stessa in tutte le sue fasi.
Anche nel corso dell’ultimo incontro, infatti, si è assistito al solito balletto di cifre, che hanno determinato ancora una volta confusione e rimarcato una preoccupante opacità all’interno della filiera.
Qualsiasi strategia di programmazione necessita di un quadro conoscitivo del comparto, di una panoramica precisa su tutti i parametri economici della produzione, della trasformazione e della commercializzazione.
Confagricoltura, pertanto, ribadisce la necessità di riformare completamente il sistema partendo dalle seguenti azioni:
– far rispettare le quote produttive di Pecorino romano. La causa principale delle ultime crisi del comparto è la sovrapproduzione di Pecorino Romano che ha causato l’abbassamento del prezzo del formaggio stesso e conseguente minore remunerazione del latte. Dunque la crisi del sistema deriva dalla mancanza di programmazione da parte delle imprese di trasformazione e dall’assenza di un sistema sanzionatorio efficace nel far rispettare le quote;
– garantire una reale tutela del valore del Pecorino Romano DOP, che fino ad oggi non solo non è stato valorizzato adeguatamente ma anzi è stato svilito esitandolo sul mercato a prezzi davvero improponibili per una DOP;
– individuare un meccanismo di definizione del prezzo del latte basato sui reali parametri di mercato e sul prezzo di tutti i formaggi e non ancorato solamente al valore del Pecorino Romano;
– programmare le produzioni di latte. Noi siamo anche disposti a contingentare le produzioni a condizione che la componente della trasformazione rispetti le quote previste dal Piano di regolazione dell’offerta del Pecorino Romano e purché l’industria casearia comunichi entro il mese di marzo di quanto latte necessita, così da consentire alle imprese zootecniche di pianificare la produzione;
– associare la programmazione della produzione del latte ovino al pagamento del latte a qualità attraverso l’individuazione di parametri, condivisi, che classifichino il valore del latte destinato alla trasformazione;
– far decollare Oilos affinché svolga finalmente le funzioni di Organizzazione Interprofessionale che potrebbero dare un vero sostegno alla filiera.