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Cagliari, 29 gennaio 2022 – “Per contenere e contrastare la diffusione del Corebo delle querce, il coleottero che attacca le sughere scavando dei cunicoli nella corteccia e deprezzandone quindi il valore fino al 70%, è necessario intervenire a monte, mettendo in campo tutti gli strumenti di prevenzione. Ecco che si possono portare avanti in modo sinergico e integrato più tecniche: dalle disinfestazioni biologiche degli alberi alla cura di bosco e sottobosco, dalle trappole con esca o con feromoni all’uso di insetti predatori. L’idea del trattamento termico del prodotto per depopolare le larve è una soluzione a posteriori, a danno fatto, che non contribuisce a risolvere il problema o a tutelare la qualità del sughero, così come stanno dimostrando i pochi studi disponibili”. Lo ha detto il presidente di Confagricoltura Sardegna, Paolo Mele, commentando la nuova norma nazionale, approvata poche settimane fa dal Parlamento con un emendamento alla legge di Bilancio, che prevede la bollitura del sughero prima della sua movimentazione, extra regionale, come strumento di contrasto alla diffusione del coleottero e che sta creando forte dibattito all’interno del comparto. “Come associazione di categoria agricola proponiamo alla politica regionale e nazionale di sostenere una moratoria sull’entrata in vigore della nuova norma. Una finestra che permetterebbe da un lato un maggior confronto tra gli operatori (grandi e piccoli) del settore su possibili modifiche alla legge e dall’altro un raggiungimento di risultati più affidabili sul piano della ricerca scientifica. Oggi – ha proseguito Mele – c’è l’università che fa i suoi studi, ma stanziando nuovi fondi si potrebbe costituire un gruppo di esperti a cui far partecipare le migliori professionalità di Agenzie e Enti regionali, di centri di ricerca nazionali e stranieri. Sul piano economico è inoltre necessario fare tutte le dovute valutazioni che continuino a garantire le regole del libero mercato, anche con le aziende internazionali, evitando che i grandi, con maggiori strumenti finanziari, possano sopraffare gli imprenditori più piccoli e condizionarne quindi i prezzi nei confronti dei proprietari delle piante”, ha precisato il presidente.
Anche la politica locale si è subito attivata per capire quale sia la soluzione migliore da percorrere per superare l’emergenza sanitaria e quindi una frattura fra gli operatori, che sta rischiando di mettere a repentaglio la ripresa del mondo del sughero. Una filiera che negli ultimi anni si era pian piano rimessa in moto dopo decenni di tragica congiuntura. Su invito di operatori e sindaci, la commissione Attività produttive in Consiglio regionale ha convocato, pochi giorni fa, i maggiori portatori di interesse, fra cui Confagricoltura Sardegna.
La ricerca scientifica. In audizione in commissione anche il prof. Andrea Lentini, docente di Entomologia forestale all’Università di Sassari, che ha ricordato come la ricerca in Sardegna sia appena iniziata e che a oggi mancano tante informazioni. Uno stadio diverso rispetto agli studi che da decenni caratterizzano i colleghi di Spagna, Portogallo e Francia dove, con milioni di euro già investiti, si sono raggiunti risultati importanti, ma non ha ancora capaci di dare una soluzione sulla gestione del Corebo delle querce.
“La femmina di questi coleotteri adulti, presenti d’estate, depone le uova nel tronco. Lì nascono le larve che si spostano nella zona sottocorticale, dove si alimentano per circa due anni scavando gallerie che intaccano anche il sughero. Dopo questo periodo, la larva matura si sposta nello spessore del sughero dove scava una cella all’interno della quale subisce la metamorfosi trasformandosi prima in pupa e poi in adulto. Il periodo in cui è presente nel sughero tale stadio di trasformazione non è stato ancora studiato definitivamente in Sardegna. In Spagna invece la metamorfosi si verifica da aprile-maggio fino ad agosto”. Così Lentini che ha aggiunto: “Scavare tali gallerie nel sughero significa deprezzarne enormemente la qualità che non si presta più alla lavorazione in tappi, ma si riduce a un prodotto da macina pagato ben poco ai proprietari dei boschi”. L’attacco del coleottero, nell’indebolire la pianta, favorisce anche lo sviluppo di funghi patogeni capaci di innescare fenomeni di deperimento delle sughere; inoltre, le gallerie delle larve creano aderenza tra sughero e tronco che durante l’estrazione potrebbe far staccare le parti vive della pianta compromettendone la fase di produzione negli anni a venire. “Il trattamento termico proposto nella nuova legge – ha aggiunto Lentini – può essere uno degli interventi, ma non il solo, poiché serve a uccidere gli stadi vivi tra larva e adulto (lo stadio di pupa). Con l’esposizione all’aria, che segue all’estrazione, la larva muore, mentre continua a sopravvivere solo lo stadio di pupa protetta nello spessore del sughero”.
Nella penisola iberica sono diverse le contromisure sperimentate da qualche decennio a questa parte. Ci sono le trappole, da posizionare in numero di una decina per ettaro, con delle sostanze attrattive che attirano e catturano le femmine. Nonostante si riduca la popolazione, l’intervento non è tuttavia risolutivo. Sempre sulla cattura si stanno cercando essenze più attrattive come i feromoni (sostanze biochimiche che attirano sessualmente gli insetti della stessa specie). Altra tecnica utilizzata in Spagna è quella della buona gestione del bosco: con le piante più vigorose e in salute si riducono infatti gli attacchi degli insetti. “Allo stato attuale – ha concluso l’entomologo dell’Università di Sassari – non esiste una ricetta esclusiva capace di superare l’emergenza. Si può quindi solo operare su più fronti, in attesa di nuove soluzioni che arrivino dalla ricerca”.
Che fare. Fino al 2016-2017 era rarissimo trovare questo coleottero in Sardegna. Da circa cinque anni, come riportano le rilevazioni sul campo, le popolazioni stanno aumentando soprattutto nei territori della Gallura: Tempio e Calagianus, fino ad arrivare a Berchidda e Aggius. Una ricerca complessa che può permettere l’individuazione dell’insetto solo dopo la decortica. In questa situazione, il presidente di Confagricoltura Sardegna ha spiegato che “è sempre più indispensabile proseguire la ricerca e mettersi subito a costruire strumenti finanziari, governativi e regionali, capaci di sostenere i proprietari delle piante nella pulizia e manutenzione dei boschi piuttosto che gli operatori del settore nell’eventuale acquisto, sul medio e lungo periodo, delle strumentazioni necessarie per la bollitura. Al contempo si dovrebbero promuovere dei progetti debitamente finanziati per la rigenerazione del bosco, con periodi di blocco al pascolo a rotazione e alla lavorazione dei fondi, così che si possa accompagnare il rinnovo delle sugherete”, ha concluso Mele.
Dati sul comparto. L’estrazione del sughero viene fatta, ogni 10 o 11 anni, tra maggio e inizio di settembre a seconda dell’andamento climatico della stagione. I territori a maggior vocazione vanno dall’alta Barbagia fino alla Gallura con isole importanti come quella dell’iglesiente. Secondo un report stilato dal comitato spontaneo di produttori, nato a Buddusò qualche settimana fa tra una settantina di operatori, sono estratti in Sardegna dai 120 ai 150 mila quintali di sughero all’anno, di cui circa l’80% viene esportato fuori regione, soprattutto nella penisola iberica. Nella stagione 2020-2021 il prodotto è stato venduto a una media di 200 euro al quintale con un giro d’affari tra i 24 e 30 milioni. Compreso l’indotto, sono invece tra 6000 e 7000 mila le famiglie coinvolte da questa economia.