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(CHB) – Roma, 22 feb 2023 – L’allevamento italiano contribuisce a combattere il riscaldamento globale e a mitigare il cambiamento climatico. Questo in sintesi l’esito del lavoro di un team di ricercatori italiani che hanno ricalcolato le emissioni del settore zootecnico del nostro Paese usando una nuova metrica proposta da un gruppo di fisici dell’atmosfera di Oxford e pubblicata su Nature.
LO STUDIO. “L’introduzione di queste nuove metriche dovuta al lavoro del pool dei fisici inglesi è destinata a cambiare il frame del dibattito sulla sostenibilità del sistema zootecnico” ha commentato Giuseppe Pulina, presidente di Carni Sostenibili, la no profit per il consumo consapevole e la produzione sostenibile di carni e salumi. Lo studio dei ricercatori di Oxford infatti ha preso in considerazione per la prima volta la differenza in termini di azione sul riscaldamento globale tra gli inquinanti climatici a vita breve, come il metano, e gli inquinanti climatici a vita lunga come l’anidride carbonica.
I ricercatori, infatti, hanno osservato che se un gas ad effetto serra permane in atmosfera poco tempo, il suo effetto sul riscaldamento globale è nullo se le emissioni restano costanti ogni anno, è negativo (cioè l’atmosfera si raffredda) se le emissioni diminuiscono, questo perché riducendosi la sua concentrazione si riduce anche il suo contributo all’effetto serra, ma è fortemente riscaldante se le emissioni aumentano in quanto questo tipo di gas ha un potere serrigeno di molto superiore alla CO2. Le nuove metriche, quindi, tengono conto di questa differenza e in particolare di quanto un gas permane in atmosfera, una differenza sostanziale se consideriamo che il metano dopo 50 anni è praticamente sparito, mentre l’anidride carbonica resta in atmosfera per oltre mille anni.
Nel calcolo degli impatti sul clima del sistema agroalimentare bisogna tenere in considerazione che metano e CO2 sono prodotti in tutti i fenomeni naturali, uomo incluso, e che anche l’effetto serra è un fenomeno naturale, senza il quale la temperatura del nostro pianeta sarebbe di circa – 15°C. Infatti, i cambiamenti climatici sono frutto dell’incremento delle emissioni di gas climalteranti dovute alle attività antropiche, per cui non bisogna far rientrare nel conteggio la respirazione di piante, animali e microbi, né le emissioni naturali dei vulcani e degli incendi naturali.
A proposito si parla di “emissioni biogeniche”, diverse da quelle dei combustibili fossili, nelle quali vengono bruciati carbone, petrolio e gas naturale, liberando molecole di CO2, che ritorneranno combustibili fossili solo tra milioni di anni, con un ciclo del carbonio “aperto”. Invece, nel caso della produzione agricola, il ciclo viene “chiuso”, non in tempi fossili, ma biologici, nel senso che la crescita delle biomasse fotosintetizzanti, come piante, alghe o batteri, permette di assorbire parte della CO2 emessa, di origine biogena e anche parte di quella fossile impegnata nel sistema produttivo. Ecco perché, nonostante i sistemi agricoli e zootecnici siano una fonte di gas serra, gli agro-ecosistemi sono in grado di assorbire parte delle emissioni con un flusso ciclico regolato da un continuo scambio tra piante, animali ed ambiente circostante.