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Per nessuna amministrazione pubblica sarebbe risultato agevole programmare, spendere e rendicontare nel giro, in pratica, di tre anni una somma pari a quella assegnata all’Italia per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Le difficoltà erano scontate fin dall’inizio, anche senza considerare il successivo e pesante impatto economico determinato dall’aggressione russa dell’Ucraina. Ad esempio, il rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea per ridurre l’inflazione è stato il più veloce e il più incisivo dal varo della moneta unica.
Spendere tanto per spendere non è la soluzione migliore. Le somme messe a disposizione dall’Unione europea sono pur sempre un debito, sia pure a buon mercato, al netto della quota a fondo perduto.
Detto questo, va anche ricordato che la finalità del PNRR è quella di risolvere, insieme alle riforme, i problemi di fondo che hanno frenato la crescita economica dell’Italia prima della pandemia. Non solo: l’emergenza in Emilia-Romagna ha messo in evidenza, in modo drammatico, i ritardi accumulati nella prevenzione idrogeologica e nella manutenzione del territorio. Ritardi che vanno recuperati una volta per tutte. Le risorse finanziarie ci sono.
Tra le ipotesi allo studio del governo per la revisione del PNRR, c’è anche quella che prevede l’assegnazione di una parte dei fondi disponibili direttamente alle imprese, per incentivare gli investimenti necessari nell’ottica delle transizioni ecologica ed energetica. E’ un’ipotesi che, secondo Confagricoltura, dovrebbe essere sostenuta con determinazione nel confronto con la Commissione europea, anche perché l’Italia non potrà ricorrere agli ingenti aiuti di Stato già annunciati dai governi di altri Stati membri, grazie alla flessibilità concessa dall’Esecutivo della UE. Il ripristino l’anno prossimo del Patto di stabilità e crescita, sia pure modificato, ridurrà ulteriormente la capacità di spesa pubblica dell’Italia.
Il sistema delle imprese ha dimostrato di saper utilizzare al meglio gli incentivi diretti, ben finalizzati e con limitati oneri burocratici. La misura “Agricoltura 4.0”, voluta da Confagricoltura, è stata un successo, con un volume di investimenti per la sostenibilità e l’innovazione di oltre due miliardi di euro nel 2022.
La vitalità del sistema produttivo italiano è stata confermata dalle recenti previsioni economiche di primavera rese note dalla Commissione. Nella media dell’anno corrente, la crescita del PIL dovrebbe attestarsi attorno all’1%, con una stima relativa all’Italia superiore, sia pure di poco (1,2%), alla media dell’Unione. Il nostro Paese continua a far meglio di Francia e Germania.
La Commissione ha segnalato che sull’andamento dell’economia continua a pesare una condizione di grande incertezza determinata, prima di tutto, dall’evoluzione dello scenario internazionale. Qualche punto fermo, però, può essere messo.
Tutte le crisi finiscono, ma non si ritornerà a quella che era la situazione economica prima della pandemia e della guerra in Ucraina, ai prezzi stabili, ai tassi d’interesse vicini allo zero, alla crescita costante della domanda globale nell’ambito di un sistema multilaterale. Il contesto sarà più sfidante. Pertanto, occorre destinare le risorse finanziarie disponibili alle imprese per gli investimenti necessari a far salire ulteriormente la crescita sostenibile delle imprese e l’efficienza delle filiere di produzione.