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L’articolo è presente nel numero di marzo di Mondo Agricolo, la rivista di Confagricoltura
di Nicola Caputo
(direttore Politiche fiscali e amministrazione)
L’evoluzione tecnologica impone l’aggiornamento del quadro giuridico e fiscale che riguarda la connessione degli impianti agrivoltaici all’attività agricola
In seguito della pubblicazione del decreto del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) del 21 dicembre 2023 che incentiva la realizzazione di sistemi agrivoltaici, si ritiene sia urgente rivedere i criteri di connessione dell’energia prodotta dagli impianti di produzione di energia solare con l’attività agricola. L’attuale assetto normativo (ex art. 1, c. 423, L. n.266/2005) e la prassi amministrativa (vedi circolare AdE n. 32/2009) che definiscono il rapporto di connessione tra l’attività agricola e l’attività di produzione di energia elettrica da fonti fotovoltaiche prevedono determinati criteri applicativi che necessitano di un restyling alla luce degli sviluppi tecnologici che caratterizzano la suddetta categoria degli impianti agrivoltaici.
È utile evidenziare che gli impianti di nuova generazione – in particolare quelli riconducibili al sistema agrivoltaico – hanno dimensioni non comparabili con quelle, notevolmente inferiori, degli impianti esistenti. Da qui, la necessità di nuovi criteri di accertamento della connessione. In particolare, il limite imposto di 1 ettaro di terreno coltivato per ogni 10 Kw di potenza installata, fino a 1 Mw per azienda (di cui alla lettera c della predetta circolare n. 32/E/2009), andrebbe rivisto per attualizzare il quadro giuridico/ fiscale che attiene la produzione di energia fotovoltaica.
Il motivo è la presenza concomitante dell’obbligo, previsto per i sistemi agrivoltaici, di coltivare l’area di riferimento in modo da non compromettere la continuità delle attività agricole, rendendo il parametro della superficie coltivabile (1 ettaro per 10 KW), stabilito per gli impianti a terra, non più pertinente.
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Per un ottimale inquadramento sistematico della normativa della produzione di energia in ambito agricolo, sarebbe auspicabile intervenire direttamente sull’impianto dell’art. 2135 del codice civile inserendo, tra le attività connesse ex comma 3 dell’articolo, la produzione di energia elettrica e calorica da fonti fotovoltaiche, nonché di carburanti e prodotti chimici di origine agroforestali.
Si ritiene, infatti, che siano maturi i tempi per il riconoscimento in capo all’impresa agricola del ruolo – sempre più determinante – nel campo della produzione di energie da fonti rinnovabili, che concorrono in modo rilevante al progetto di transizione ecologica ed energetica e al contrasto al climate change.
Il passaggio dall’utilizzo dei combustibili tradizionali alle fonti rinnovabili rientra tra gli obiettivi prioritari della politica energetica nazionale nell’ottica della sostenibilità ambientale, ove il contributo del settore agricolo non può non avere un solido sostegno di tipo normativo nel quadro della definizione della figura di imprenditore agricolo ex art. 2135 del codice civile.
Ciò vale anche alla luce dei recenti sviluppi delle forme di produzione di energia da fonti fotovoltaiche, come l’agrivoltaico e i parchi agrisolari; fonti incentivate sia livello nazionale che comunitario con apposite misure di intervento nel PNRR. Peraltro, l’inclusione delle suddette attività, entro predeterminati limiti, tra quelle connesse ex art. 2135, comma 3, non fa altro che cristallizzare, con opportuni aggiornamenti, quanto già previsto dalla normativa speciale, ex art. 1, c. 423, della L. n. 266/2005, che già dal 2006 riconosce tale qualificazione alle medesime.
Fonte: Confagricoltura