Cagliari, 26 marzo 2025 – Un vento di incertezza e particolare preoccupazione soffia da mesi sul sistema produttivo agricolo della Sardegna. Ad alimentare le tensioni nel mondo delle campagne isolano non è stavolta una condizione climatica avversa o un’epidemia animale, ma l’estrema incertezza nell’erogazione degli aiuti per il sostegno al reddito delle imprese agricole e il rischio del forte disimpegno dei fondi per lo Sviluppo rurale, che finanzia i progetti di investimento affrontati da agricoltori e allevatori.

Confagricoltura Sardegna. “L’emergenza e l’esposizione finanziaria di migliaia di aziende sarde, causata dal ritardo dei pagamenti degli aiuti in agricoltura, sta raggiungendo livelli preoccupanti che ci impongono di sollecitare con determinazione un intervento rapido della Regione Sardegna per la risoluzione del problema”. Lo ha detto oggi il presidente di Confagricoltura Sardegna, Stefano Taras, a margine dell’ultima riunione convocata a Cagliari dall’Assessore dell’Agricoltura Gian Franco Satta con i vertici delle agenzie Argea e Laore per illustrare alle organizzazioni agricole il quadro aggiornato dei pagamenti. “Siamo ancora indietro di molti mesi rispetto alla tabella di marcia – ha proseguito Taras – con le imprese costrette ad anticipare, per chi ancora riesce a farlo, i trasferimenti con le banche e i fornitori di mangimi e sementi che non aspettano certo i tempi della pubblica amministrazione. Oltre a ciò – ha precisato il presidente di Confagricoltura – rischiamo di subire un danno dovuto alla mancata spesa dei fondi comunitari destinati agli interventi per lo Sviluppo rurale, per effetto del meccanismo n+3 e del disimpegno automatico che questo prevede. Il rischio è che decine di milioni di euro dovranno essere restituiti all’Unione europea, con impegni di spesa assunti verso le aziende agricole che dovranno essere coperti da nuovi fondi provenienti dalle casse regionali. Soldi che verranno meno alle diverse voci di bilancio destinate alle comunità della Sardegna per colpa di una irresponsabile inefficienza”.

La causa del problema. Alla base dei ritardi nei pagamenti c’è l’applicazione del nuovo fascicolo aziendale e del piano di coltivazione grafico, compilato sulla base della nuova Carta dei Suoli Nazionale (CdSN) e ricostruita attraverso l’osservazione satellitare, per cui è entrato in uso un apposito sistema informatico. La CdSN, che nel funzionamento prevede una componente di Intelligenza artificiale, ha determinato non pochi problemi sull’interpretazione dell’uso del suolo, con anomalie che hanno interessato quasi il 50% della superficie regionale eleggibile agli aiuti (circa 520mila ettari) e che ancora oggi stentano a trovare piena risoluzione. Anomalie a carico, in particolare, delle superfici a pascolo, che in Sardegna non prevedono la sola presenza di erba ma anche di essenze arbustive e arboree tipiche della macchia mediterranea, capaci di integrare l’alimentazione delle specie allevate. La CdSN considera, tuttavia, tali superfici come bosco e quindi come tara e, in quanto tali, non ammissibili agli interventi della Politica agricola comunitaria (PAC). Una parte di queste superfici, circa 240mila ettari, è stata già recuperata all’eleggibilità perché comunicata nel corso della programmazione 2014-2022 come Pratica locale tradizionale di pascolamento (PLT). Tuttavia, ancora non si ha certezza dell’ammissibilità della restante parte di circa 280mila ettari. Il paradosso è che, per espressa previsione regolamentare, tali superfici sono considerate ammissibili perché rientranti nell’ambito delle PLT, che permettono il riconoscimento di forme di sfruttamento del territorio, quale quello tipico della Sardegna e di diverse aree del Mediterraneo, e basato sul pascolamento delle essenze della macchia mediterranea.

“Esiste pertanto – ha precisato il presidente Taras – un cortocircuito tra le norme comunitarie e la disciplina nazionale di attuazione e l’applicazione da parte dell’ente nazionale AGEA Coordinamento”.

La Sardegna, giova ricordare, è l’area con il maggior carico di pascolanti fra le regioni centro-meridionali dell’Italia. Una quota notevole del pascolamento di questo patrimonio si svolge su superfici a macchia che garantiscono, a seconda della specie, un importante contributo nell’ingestione di sostanza secca. Il contributo della macchia, soprattutto nei periodi di minima o nulla produttività dei pascoli erbacei, è tale che interi sistemi zootecnici, quali quelli estensivi del caprino e bovino, trovano una ragione economica proprio dallo sfruttamento di queste superfici. In tal senso, le aree a macchia mediterranea rappresentano siti produttivi sui quali si esercita economicamente l’attività zootecnica di una buona parte delle aziende estensive e semiestensive della Sardegna. Appare pressoché scontato evidenziare che la diffusione delle anomalie ha seguito l’orografia e la conformazione del territorio regionale e quindi risultano concentrate nelle aree di Nuorese e Sardegna centrale, Ogliastra, Gallura, Sarrabus, Sulcis e Iglesiente, Goceano e Monte Acuto.