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di Jacopo Paolini
(gruppo di lavoro Lino e Canapa EU del Copa-Cogeca)
In Italia persiste la confusione tra canapa industriale e ricreativa. Due mondi diversi, due realtà distinte ma ignorate dal decreto legge Sicurezza
La canapa industriale è una pianta della famiglia delle cannabacee con un contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) molto basso e conforme alle disposizioni della Politica Agricola Comune. Di conseguenza, non ha effetti psicotropi e non può essere utilizzata per produrre stupefacenti. La cannabis ricreativa, anch’essa una specie della famiglia delle cannabacee, provoca effetti psicotropi perché ha un livello di THC elevato non conforme alle disposizioni della politica agricola europea, né italiana. La legge n. 242/2016 prevede infatti che per le coltivazioni a uso industriale possano essere utilizzate solo le varietà di cannabis iscritte nel Catalogo europeo, che hanno un contenuto di THC non superiore allo 0,2%, con tolleranza fino a 0,5%.
Citando Lorenza Romanese, direttrice dell’European Industrial Hemp Association (EHIA), l’associazione europea della canapa industriale, “per pensare di avere effetti psicotropi significativi con piante con questo contenuto di THC occorrerebbe fumarsene diversi ettari”. Ignorare questa differenza sostanziale contribuisce a perpetuare pregiudizi e a creare un problema culturale su una pianta che ha caratteristiche ecosostenibili e un potenziale economico per il settore agricolo Italiano. Ma facciamo un salto nel passato recente per ripercorrere l’evoluzione della normativa sulla canapa in Italia nell’ultimo decennio.
La storia legislativa della canapa in Italia
Iniziamo dal 2016, con la già menzionata legge n. 242/2016, la prima legge di filiera che ha normato la coltivazione della canapa industriale allo scopo di tutelare chi si occupa di coltivare e trasformare la pianta per diversi scopi in una serie di settori, dall’alimentare al cosmetico, dal tessile al bioplastico. All’inizio, grazie ad una regolamentazione chiara, diversi operatori iniziano a investire e sbocciano attività e business. Nasce, così, il settore della canapa che, ad oggi, comprende circa 3000 aziende, la metà delle quali investe in zone rurali e svantaggiate. Il montante annuo generato dal settore della canapa è di circa 500 milioni di cui 150 di gettito fiscale. Il mercato è partito, ma subito un primo stop da parte del governo.
L’1 ottobre 2020, il ministro della Salute, Roberto Speranza, emana un decreto per inserire il cannabidiolo (CBD) a uso orale nella tabella dei medicinali stupefacenti. Il 28 ottobre dello stesso anno, a seguito di numerose proteste da parte di cittadini, aziende produttrici e associazioni, Speranza firma un nuovo decreto che sospende il primo.
Nel 2023, e poi di nuovo nel 2024, il ministero della Salute italiano tenta ancora di inserire i prodotti contenenti CBD tra i medicinali psicotropi elencati nel Testo Unico sulle Sostanze Stupefacenti, ma viene per l’ennesima volta bloccato dal Tar, che sospende i provvedimenti per mancanza di evidenze scientifiche.
Nonostante i ripetuti pareri del Tar, il 18 settembre 2024 viene approvato dalla Camera un emendamento del ddl Sicurezza. Il governo, con una motivazione discutibile, al fine di vietare la vendita di prodotti contenenti CBD, propone di bloccare l’intera filiera agricola, di trasformazione e vendita di qualunque prodotto a base di canapa. Un annullamento totale del settore. Mentre il governo italiano procede in questa direzione, il resto del mondo va avanti con approcci più razionali e innovativi.
La situazione della canapa in Europa
Iniziamo ricordando che l’emendamento del ddl Sicurezza si scontra con una sentenza della Corte di Giustizia europea del 4 ottobre 2024. Nella causa C-793/22 i giudici europei hanno stabilito definitivamente che gli Stati membri non possono introdurre alcuna norma che vieta la coltivazione e la vendita delle infiorescenze e delle altre parti della pianta di canapa ad uso industriale. La pianta è considerata un prodotto agricolo nella sua interezza.
La Francia è il primo Paese europeo per la produzione di canapa e leader nella produzione di fibra tessile. Dal 2021 sono stati sostenuti 27 progetti su canapa e lino per un importo complessivo di 42,4 milioni di euro di aiuti di Stato. In Svezia, il governo ha investito 10 milioni di euro per la costruzione di un impianto di decorticazione di fibra corta, evidenziando l’interesse crescente per questo settore.
Nel settembre 2024 la Germania ha classificato i fiori di CBD come succedanei del tabacco, assicurandosi una significativa entrata fiscale. Inoltre, è l’ottavo Paese dell’Ue a legalizzare non solo la canapa, ma anche la cannabis a uso ricreativo. L’esempio tedesco è stato seguito dalla Repubblica Ceca, che ha legalizzato l’uso ricreativo della pianta.
Anche il Belgio sta lavorando a una normativa chiara e attualmente offre deroghe e permessi specifici per la coltivazione e la trasformazione della pianta. Andando sulle coste del Mediterraneo, troviamo la Grecia, che ha adottato una normativa chiara e dettagliata per l’intera filiera, riconoscendo i benefici economici del settore.
Mentre Estonia e Lituania sono tra i principali produttori di seme di canapa per uso alimentare e la Romania è leader nella produzione di fibra per l’edilizia. In fine, il Regno Unito. Londra è un caso significativo: a seguito dell’istanza presentata da EHIA, il 16 luglio 2024, la Food Standards Agency (FSA) ha ufficialmente riconosciuto con una dichiarazione la sicurezza dell’isolato di CBD naturale, fornendo un parere positivo nel processo di approvazione come novel food.
Il futuro della canapa in Italia: crescita o arresto?
Dopo l’approvazione alla Camera del ddl Sicurezza il 18 settembre 2024, il testo è stato rispedito al mittente dal Senato a causa di criticità nella stesura di diversi articoli, tra cui il contestato art. 18, dedicato al settore della canapa. Il governo, invece di correggere il testo in sede parlamentare, ha deciso di aggirare il confronto trasformando le stesse disposizioni in un decreto-legge. Una mossa che solleva dubbi costituzionali, considerando che i dl dovrebbero essere adottati solo in casi straordinari di necessità e urgenza, non per eludere il dibattito democratico. Nel nuovo testo, l’articolo 18 conferma il divieto di commercio, trasporto e possesso delle infiorescenze di canapa, estendendo ora il divieto a tutte le coltivazioni, fatta eccezione per quelle destinate esclusivamente alla produzione di seme. Il problema?
Le varietà consentite per questa specifica coltivazione rappresentano solo il 10% del catalogo europeo. Il restante 90%, pur ammesso a livello Ue, sarà dunque bandito in Italia? Le aziende agricole, colte di sorpresa, si trovano davanti a interrogativi gravi e urgenti. Cosa ne sarà degli stock già raccolti nel 2024? Saranno considerati stupefacenti, dovranno essere distrutti, e come? Chi si occuperà dello smaltimento? Il governo organizzerà trasporti speciali per tonnellate di materiale ritenuto ora illegale? E soprattutto, come può un’infiorescenza senza semi essere classificata come stupefacente, mentre una con semi no?
Mentre l’intero comparto rischia il blocco, le aziende saranno costrette a sprecare risorse preziose per chiarire dubbi interpretativi, invece che investire nella stagione alle porte.
L’articolo è presente sul numero di aprile 2025 di Mondo Agricolo, la rivista dell’agricoltura
Fonte: Confagricoltura