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Esprimo apprezzamento per il lavoro svolto in questi anni in sinergia tra Laore e Agris per il raggiungimento di un obiettivo importante quale quello della valorizzazione della filiera cerealicola.
Confagricoltura ritiene importante evidenziare che i lavori della ricerca e della sperimentazione portati avanti dalle agenzie e dal mondo universitario devono avere, necessariamente, come obiettivo prioritario quello di una giusta remunerazione del prodotto per l’agricoltore altrimenti il ciclo, che ha visto diminuire nell’arco di questi anni dal 2005 al 2013 la superficie coltivata a grano duro in Sardegna da 95000 ha a 32000, non si invertirà.
Riteniamo che la strada intrapresa sia quella corretta e deve necessariamente passare da un lato sul rafforzamento degli accordi tra i vari attori della filiera e dall’altro sul valore aggiunto che i nostri prodotti possono offrire sia in termini di qualità che di richiamo al territorio ed alle tradizioni da questo evocate. Per questo motivo è fondamentale riuscire a connotare i nostri prodotti di eccellenza attraverso un marchio qualità che li contraddistingua ed in tal senso l’idea del marchio Semenadura era da noi stata condivisa nelle sue intenzioni. Ciò che si ritiene assolutamente non condivisibile, è il fatto che mentre si è parlato per la prima volta del marchio Semenadura tre anni fa e solo da pochi mesi questo è stato registrato, ora probabilmente lo stesso non verrà utilizzato perché nel frattempo si lavora al marchio qualità regionale dei prodotti agroalimentari. Marchio ritenuto da noi importantissimo e per il quale chiediamo da tempo che si attivi un tavolo di confronto tra le parti per capire come utilizzarlo e per quali prodotti. Ma che purtroppo finora è solo un logo senza contenuti, regolamenti d’uso e linee guida.
Quello che bisogna capire è che i tempi dell’economia globale, di cui noi ormai inesorabilmente facciamo parte, sono rapidi, così come cambiano velocemente anche le dinamiche dei mercati e ciò che si pensa oggi non è detto che sia più valido dopo pochi mesi. Per questo è fondamentale che chi deve governare i processi – come il piano sementiero regionale – che possono dare un nuovo impulso a un settore dell’agricoltura strategico per l’economia regionale agisca in tempi rapidi, altrimenti corriamo ancora una volta il rischio di arrivare troppo tardi.