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"La lotta attiva per l’eradicazione della Peste suina africana è un passo indispensabile e necessario per lo sviluppo economico di tutto il settore suino della Sardegna, così come l’uscita dalla clandestinità degli allevamenti è indispensabile per l’iscrizione degli animali al Registro Anagrafico dei suini autoctoni italiani gestito dall’Associazione Nazionale Allevatori Suini (ANAS)”.
A seguito degli abbattimenti dei maiali al pascolo brado illegale, senza controlli sanitari, mai registrati e quindi di proprietà ignota, portati avanti in quest’ultimo mese dall’Unità di Progetto per l’eradicazione della Peste suina africana in Sardegna, alcuni allevatori hanno posto la domanda se tali azioni possano mettere a rischio l’esistenza del maiale rustico di razza sarda. Il tema è stato poi rilanciato dai detrattori delle azioni di legalità e rispetto delle norme messe in campo dalla Regione Sardegna contro quei soggetti che abbandonano i suini a loro stessi nelle terre pubbliche di alcuni Comuni della Barbagia e dell’Ogliastra. L’Unità di progetto ha assicurato: “La specie autoctona di suino sardo non è a rischio estinzione. Sono oltre 300 i capi registrati e, se alcuni soggetti irregolari decidessero di allevare in legalità, i numeri potrebbero solo che crescere e ridurre il problema della consanguineità”.
L’esperto. Il maggior esperto della Sardegna e l’unico titolato a riconoscere e certificare l’appartenenza dei maiali alla razza di suino sarda è il dipendente dell’Agenzia Agris, Sebastiano Porcu. Lo studioso regionale, attualmente in distacco all’Agenzia Forestas, conosce tutti gli allevamenti dell’Isola che da decenni segue e frequenta con costanza. “La lotta attiva per l’eradicazione della Peste suina africana è un passo indispensabile e necessario per lo sviluppo economico di tutto il settore suino della Sardegna, così come l’uscita dalla clandestinità degli allevamenti è indispensabile per l’iscrizione degli animali al Registro Anagrafico dei suini autoctoni italiani gestito dall’Associazione Nazionale Allevatori Suini (ANAS)”. Sebastiano Porcu lo va dicendo nelle tante assemblee e incontri a cui partecipa dal lontano 2007 e lo ribadisce ancora oggi: “Il modo migliore per tutelare questa specificità zootecnica è registrare gli animali e quindi emergere dall’irregolarità. Non possiamo, purtroppo, pensare di salvaguardare questi maiali se ufficialmente non esistono”. Infatti affinché un allevamento venga iscritto all’albo degli allevamenti del Registro Anagrafico questo deve:
a) essere iscritto al Registro imprese della Camera di Commercio per attività agricola;
b) possedere codice ASSL per l’allevamento suino;
c) possedere almeno un verro e una scrofa del tipo genetico allevato.
d) disporre di strutture che consentano l’isolamento delle scrofe al momento del parto e durante l’allattamento in quanto i suinetti devono essere identificati entro i 45 giorni di vita;
e) seguire un ordinato sistema di registrazione degli eventi (fecondazioni, parti, numero suinetti nati, ecc.).
“Per garantire la paternità ai suinetti – ha spiegato l’esperto di Agris – non si può praticare l’allevamento promiscuo con presenza di più verri nel branco. Inoltre, per mantenere la razza in purezza, bisogna evitare che questi animali vengano in contatto con suini di altre razze e/o con cinghiali: devono essere perciò allevati in condizioni di sicurezza biologica. Tali passaggi – ha aggiunto Porcu – possono quindi garantire sia l’allevamento nel rispetto del piano di eradicazione della PSA, sia la tracciabilità dei prodotti tradizionali da esso derivati”.
Filiera e DOP. Sul piano della valorizzazione delle produzioni locali sarde è sempre il modello spagnolo, con i suoi salumi di eccellenza e gli straordinari posizionamenti raggiunti sui mercati internazionali, a fare da apripista ai progetti di filiera da far decollare con maggior forza una volta sconfitta la peste suina africana sull’Isola. Oggi, infatti, a causa della malattia le carni dei maiali nati e allevati in Sardegna non possono essere vendute fuori regione.
“Le produzioni derivanti dal suino autoctono – ha osservato Bastiano Porcu – dovrebbero essere differenziate e rese chiaramente riconoscibili dal consumatore attraverso l’utilizzo di marchi di eccellenza come la DOP. La valorizzazione di questi prodotti rappresenterebbe infatti un’opportunità di sviluppo per l’economia delle aree rurali maggiormente interessate da questo genere di allevamento, contrastando quindi l’esodo dalle campagne da parte dei giovani”.
Suino di razza Sarda. La razza suina Sarda è stata riconosciuta ufficialmente dal Governo, inserendola quindi fra le razze suine autoctone nazionali, l’8 giugno 2006. Nel registro anagrafico del suino di razza Sarda risultano iscritti circa 300 capi presenti in poco meno di 50 allevamenti sparsi in tutta la regione. Questa sottospecie di suini è comunemente associabile, ma non esclusivamente, a quei maiali dal manto scuro e dal pelo lungo. Le carni vengono utilizzate, nella maggior parte dei casi, per la produzione di salumi.