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Cagliari, 17 dicembre 2021 – “La pioggia incessante di questi ultimi due mesi ha gravemente compromesso le produzioni ortofrutticole della Sardegna con danni che in alcune aree raggiungono il 70% tra mancati raccolti e mancate semine per la prossima stagione. Dal Sassarese al Sulcis passando per l’Oristanese, il Medio Campidano e il Campidano di Cagliari l’acqua ha distrutto migliaia di ettari coltivati o sta rendendo impraticabile la raccolta di ciò che è rimasto. Alla luce di questo quadro desolante è bene che la Regione dichiari subito lo stato di calamità naturale per il comparto ortofrutticolo”. Lo ha detto il presidente di Confagricoltura Sardegna, Paolo Mele, che in questi giorni sta seguendo, insieme agli uffici territoriali e provinciali dell’associazione di categoria, l’emergenza causata da piogge, grandine, neve e, in ultimo, con queste giornate soleggiate ma fredde, dalle gelate che sono arrivate a dare il colpo di grazia finale in diversi territori dell’Isola. “Oltre il danno la beffa quindi – ha aggiunto Mele -, perché dopo aver perso il prodotto si rischia anche di perdere i finanziamenti nazionali e dell’Unione europea che vengono elargiti alle Organizzazioni di Produttori (OP) dell’ortofrutta sarde solo a patto che queste possano garantire una crescita annua di almeno il 2% del Valore della produzione commercializzata (Vpc). Con perdite che per certe OP hanno raggiunto il 70% il traguardo di crescita è impensabile. Solo la Regione e quindi il Governo possono predisporre una moratoria, giustificata dall’eccezionalità degli eventi atmosferici, per impedire che le OP possano perdere risorse indispensabili per continuare a operare dopo un’annata come questa. Un intervento urgente del genere lo si deve a un settore che spesso, più di altri, deve fare i conti con le devastazioni dovute alle calamità naturali e alle repentine evoluzioni atmosferiche che si verificano sempre più spesso”, ha concluso Mele.
Dati sul comparto. Il settore dell’ortofrutta sardo, praticato quasi esclusivamente nelle realtà pianeggianti e irrigue (alimentate attraverso la rete dei Consorzi di Bonifica o con pozzi artesiani), ha un volume d’affari regionale che in questi ultimi anni si è mosso nella forbice dai 400 ai 500milioni di euro, attestandosi poco sopra il 30% dell’intera economia derivante dal mondo delle campagne isolano.
Valledoria. A Valledoria, nella cooperativa Valle del Coghinas che fa parte dell’OP Società cooperativa Villacidresi, con 400 ettari lavorati di cui 350 a carciofi, “la stagione di raccolta non è di fatto mai iniziata. A oggi le perdite sfiorano il 90%. Dei quasi 2000 ettari coltivati su tutto il territorio della Valle poco più di 1200 sono destinati annualmente ai carciofi, vera eccellenza dell’agricoltura dell’Anglona, ormai al palo in queste settimane”. Lo ha detto Giovanni Pes, agricoltore di Valledoria e associato all’OP, che ha aggiunto: “Solo a dicembre si raggiungeva in passato circa il 60% del fatturato annuo del carciofo. Un mese fondamentale che noi abbiamo perso completamente. Dopo la pioggia – ha aggiunto – è arrivata la grandine, che ha rasato le piante, e poi il maestrale ha dato il colpo di grazia. I nostri campi, a causa della tanta acqua ancora presente, sono in asfissia con gli apparati radicali delle colture che stanno morendo: ormai abbiamo poco da salvare. È bene – ha concluso – che la Regione intervenga subito, perché la situazione è veramente grave, non solo per quello che abbiamo perso adesso, ma anche per il resto delle colture invernali che rischiano di saltare compromettendo il nostro fatturato annuo e quindi i fondi che devono arrivare da Bruxelles”.
Sinis. Nel Sinis di Cabras e Riola Sardo la OP Sa Marigosa coltiva carciofi in circa 250 ettari e anche in questa realtà i danni sono pesantissimi come ci racconta Giovanni Sanna, agronomo dell’OP. “Per l’irrigazione dei campi utilizziamo l’acqua che emungiamo dai pozzi artesiani, d’estate, con un calo della risorsa, si verificano contaminazioni saline che stressano l’apparato radicale delle piante. Con l’arrivo delle piogge autunnali si ha un dilavamento dei sali che permette alla pianta di reagire positivamente. Ma quando l’acqua è in eccesso, come in questi ultimi due mesi, le colture vanno di nuovo sotto stress con i ristagni idrici e la solita asfissia che colpisce le radici. A questo si è aggiunto il forte vento, le grandinate delle ultime due settimane e il gelo degli scorsi giorni. Il quadro della devastazione nei campi è visibile anche a chi non fa l’agricoltore. In una situazione del genere – ha osservato Sanna –, dove rischiamo di perdere ben oltre il 50% della produzione, la Regione dovrebbe subito intervenire con la richiesta della dichiarazione dello Stato di calamità naturale”.
Arborea. Socio della OP Sa Marigosa è Antonello Cester che ad Arborea coltiva circa 20 ettari di eccellenze ortive, di cui 6 in serra multitunnel. “È piovuto talmente tanto – ha spiegato l’agricoltore – che l’acqua è entrata anche nelle serre, rendendo il suolo un pantano e compromettendo le colture. In campo aperto invece, dove coltivo le patate, e tanti altri miei colleghi anche le carote, è impossibile entrare con i mezzi meccanici per la raccolta, addirittura a piedi si sprofonda di 40 centimetri: sembra di stare sulle sabbie mobili. Volendo salvare qualcosa, prima di perdere tutto, stiamo intervenendo a mano con una crescita esponenziale dei prezzi di raccolta e dei tempi di lavoro. Gli utili ricavati primavera scorsa con le fragole – ha proseguito –, non saranno sufficienti a compensare le perdite di questa stagione. Se volessi conservare il segno positivo dovrei incrementare le superfici e quindi l’impegno economico e di manodopera. Per esempio, invece che mettere a dimora 20 mila piantine di pomodoro dovrei arrivare a 60 mila, sperando inoltre nella buona riuscita della prossima stagione delle fragole, dei meloni e delle angurie”, ha concluso Cester.
Samassi. Il quadro della devastazione non cambia spostandosi ancora più a sud, verso il medio Campidano. Giorgio Ionta è consulente tecnico di diverse realtà produttive del territorio tra Samassi e Sestu. La OP La Collettiva, società cooperativa di Samassi, lavora circa 850 ettari di cui 800 con le diverse varietà di carciofo, oltre 20 di asparagi e poi altre orticole di stagione. “Per il periodo autunnale, con la vendita natalizia totalmente compromessa, stiamo registrando perdite che si aggirano intorno al 70%. Nelle condizioni odierne sono a rischio anche le produzioni invernali e di inizio primavera”.
Sestu. Anche a Sestu la situazione non cambia. Ionta segue da tecnico anche l’OP L’Ortolano di Sestu. Sul territorio sono coltivati a ortive circa 400 ettari da aziende aggregate in OP e altrettanti da agricoltori non associati. Le colture più diffuse sono gli ortaggi da foglia: lattuga, sedano, ravanello, finocchio, le diverse varietà di cavolo, radicchio, invidia, prezzemolo, oltre al carciofo e all’asparago. “I campi – ha raccontato il consulente tecnico – sono impraticabili e non raggiungibili da trattori e mezzi meccanici vari. Se il prodotto non si riesce a raccoglie nel giro di pochi giorni è perso. Le lattughe, che per esempio si sono salvate dalla grandine, non riusciamo a tagliarle e in queste condizioni sono perse. Se la pianta rimane sommersa oltre una settimana o dieci giorni si crea una condizione di soffocamento e si sviluppano malattie fungine, poi marciscono oppure si verificano muffe e annerimenti che rendono non commercializzabile il prodotto. Il dramma è che con la terra zuppa d’acqua non possiamo avviare neanche gli impianti per le prossime produzioni”, ha concluso Ionta.
Serramanna. “La nostra Organizzazione di produttori, la OP Agrigest Arteverde di Serramanna – ha spiegato l’associato Lodovico Etzi –, sta registrando perdite simili a quelle subite nello stesso periodo del 2018, con un dato che supera il 50%, soprattutto fra carciofi e asparagi che arrivano dai territori di Serramanna, Villasor e Samassi. Sui carciofi ci sono campi dove i danni saranno quasi del 100%, perché tutto quello che doveva essere raccolto tra novembre e dicembre è andato perso tra pioggia, grandine e gelo. Per quando riguarda la mia azienda – ha proseguito Etzi – oggi sto raccogliendo a malapena 4 o 5 pedane piccole di carciofi a settimana, mentre l’anno scorso erano almeno 20. Colture come quella del grano, che solitamente da noi venivano seminate entro la prima quindicina di novembre, non sono ancora state realizzate perché è impossibile entrare nei campi con i trattori. Se la Regione non interviene subito con il Governo e quindi con l’Unione europea, affinché ci venga riconosciuta una deroga per la mancata crescita del Valore della produzione commercializzata (VPC), rischiamo di perdere i finanziamenti alle OP che non riusciranno a raggiungere gli obiettivi prefissati nei Piani operativi approvati ogni anno. I danni subiti come singoli produttori, infatti, vanno in carico alle OP che a loro volta, perdendo i finanziamenti, non possono sostenere noi agricoltori. Questi mancati sostegni significano per noi nessun investimento per attrezzature meccaniche o impianti di irrigazione, piuttosto che l’assenza di una importante integrazione finanziaria per l’acquisto delle piantine”. In questa OP, ben 60 aziende coltivano circa 500 ettari di carciofi e 40 di asparagi con 6 milioni di euro di VPC annua.
Villacidro. Se a pagare il prezzo più salato in termini di perdite di fatturato è il comparto ortofrutticolo sardo anche il settore degli agrumi non gode di buona salute. A Villacidro, dove si producono soprattutto arance e clementine, ma anche cachi e melograno ormai a fine stagione, si stanno registrando diversi problemi con i ristagni che caricano di troppa acqua i frutti rendendoli insipidi. Al crollo della qualità si aggiunge poi quello legato al marciume e ai funghi che stanno colpendo gli alberi. Un insieme di fattori che sono alla base delle perdite rilevanti per gli agricoltori.
Dal Sulcis. Stesso quadro anche nello storico areale di produzione del carciofo nel basso Sulcis. Le precipitazioni torrenziali di metà novembre e quelle che sono seguite nell’ultimo mese hanno compromesso le coltivazioni, in una estensione di quasi 500 ettari, nei territori di Masainas, Sant’Anna Arresi e Giba.

Al seguente link si possono scaricare diverse foto: https://we.tl/t-76qJBmrrOg