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Con un aumento di un punto percentuale dei prodotti alimentari (incluse le bevande alcoliche) per il quarto mese su base annua, il settore contribuisce ancora ad allontanare la deflazione, che per diverso tempo ha relegato l’economia italiana in un angusto spazio in cui la domanda interna s’è tradotta in un calo costante e verticale dei consumi, a partire da quelli essenziali dei generi alimentari. La conseguente tendenza alla riduzione dei prezzi si è ripercossa sul sistema produttivo nazionale, con conseguenze altamente negative per la produzione agricola.
Così Agrinsieme, il Coordinamento di Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative agroalimentari, analizza i dati diffusi oggi dall’ISTAT sui prezzi al consumo e riferiti a giugno.
A spingere il Paese fuori dalla deflazione, un contributo giunge quindi dal made in Italy agroalimentare con il carrello della spesa che, rispetto alla scorso anno, vede aumentare i listini della frutta fresca del 3.2% (con una crescita anche rispetto al mese di maggio), delle verdure i cui prezzi crescono di 10 punti percentuali (seppur rallentano rispetto al mese precedente) e dell’olio d’oliva (+6,6%). Stenta invece il comparto della zootecnia da carne.
Non si può certo affermare di essersi lasciati alle spalle la recessione ed anzi per il Coordinamento resta sotto osservazione una ripresa dei consumi che non prospetta ancora stabilità e solidità. Una crescita equilibrata dei prezzi può derivare innanzitutto da un ritrovato potere d’acquisto delle famiglie. Accanto a ciò, continua Agrinsieme, è urgente che la tendenza positiva dei prezzi alimentari sia velocemente trasferita sulle fasi a monte della filiera. Sono sempre di più i casi e i settori in cui le aziende agricole con le loro vendite non riescono a remunerare i costi di produzione. È opportuno mettere in campo iniziative e strumenti necessari a trasformare in reddito i segnali di ripresa che ci giungono dai prezzi al consumo.