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C‘è una “via italiana” che può superare la questione “Ogm” così come l’abbiamo vissuta finora. E’ quanto è emerso dal convegno “Geni Italiani”, organizzato da Confagricoltura all’auditorium di Palazzo Italia, a Expo 2015. Un confronto sul moderno miglioramento a cui hanno partecipato i professori Harald Von Witzke, dell’Università di Berlino, e Michele Morgante, dell’Università di Udine, e il ricercatore Roberto Defez – IBBR CNR Napoli.
Nel corso dell’incontro è stato evidenziato che ovunque, nel mondo, la ricerca e l’innovazione genetica in agricoltura sono viste come una soluzione alle sfide globali del pianeta, piuttosto che come un problema. Solo in Europa, ed in Italia, si registrano forti resistenze. Ma dove gli Ogm sono utilizzati, aumentano i vantaggi per il settore e per la collettività.
Confagricoltura ricorda che sono ormai 181 milioni gli ettari a transgenico nel mondo. Con un aumento di 100 volte in meno di 20 anni. E quello che più conta è che in concomitanza con l’incremento delle superfici è diminuito l’utilizzo di agrofarmaci del 37%, sono aumentate le rese del 22% ed il profitto degli agricoltori è cresciuto del 66%. In Europa, invece, la coltivazione di Ogm è stata frenata dai “bandi” imposti dai vari governi, che però non ne hanno mai proibito l’utilizzo a fini mangimistici e alimentari (a patto di etichettare adeguatamente i prodotti) e la produzione è praticamente confinata alla sola Spagna.
“Ma il vero paradosso italiano – ha detto il presidente di Confagricoltura Mario Guidi – da noi sempre denunciato, è che mentre si vieta la coltivazione ai nostri imprenditori, si importa moltissima materia prima transgenica, che viene in larga parte utilizzata per produrre le nostre eccellenze agroalimentari”.
Secondo una stima del Centro Studi di Confagricoltura ormai il valore della soia e del mais importati in Italia assomma ad oltre 8 milioni di tonnellate, oltre 20mila ogni giorno, festivi inclusi, per un controvalore di oltre 2 miliardi di euro.
Questa situazione di paradosso rischia di aggravarsi con le recenti evoluzioni della normativa europea. La direttiva UE 2015/412 approvata quest’anno consente agli Stati membri di vietare praticamente a loro piacimento la coltivazione di Ogm. Parallelamente è stata varata una proposta di regolamento che consente altrettanta libertà per vietare l’utilizzo a fini mangimistici e alimentari di prodotti Ogm. Quest’ultima proposta ha incontrato in Consiglio l’opposizione di alcuni Paesi tra cui l’Italia che l’ha rigettata proprio lunedì scorso. Se non dovesse essere approvato questo regolamento che consente l’opt out per gli Stati membri, ci ritroveremmo nella condizione in cui magari l’Italia vieta la coltivazione ma non l’utilizzo di OGM, confermando ancora per il futuro il paradosso che si è verificato sinora.
“Ma il vero problema dell’Italia – ha detto Guidi – è l’assenza di una politica a favore di una ricerca per l’innovazione e la genetica in agricoltura. Abbiamo bandito la ricerca in campo aperto su una delle principali innovazioni adottate in tutto il mondo. Non solo. Abbiamo eccellenze, ricercatori e accademie che sono ampiamente in grado di lavorare su questi temi producendo innovazioni di cui la nostra agricoltura può ben beneficiare. Tecniche nuove, perfette per l’agricoltura italiana, diverse da quelle transgeniche utilizzate nelle commodities internazionali, come il genome editing e la cisgenesi, che potrebbero addirittura non essere considerate degli Ogm. Se solo si provvedesse anche ad una diversa definizione”.
C’è, insomma, la possibilità di produrre direttamente, e rapidamente, delle varietà geneticamente identiche a quelle che si otterrebbero utilizzando i meccanismi naturali, con tecniche che mantengono praticamente intatta l’identità genetica “tipica” della pianta e che sono quindi perfette per un’agricoltura basata sulla tipicità com’è la nostra e per assicurare un futuro dei marchi del Made in Italy agroalimentare.
Una ricerca genetica che utilizza e trae vantaggio dalla biodiversità, come ha dimostrato il video di Bioversity International, proiettato durante l’incontro, sviluppata in Italia da ricercatori italiani, soprattutto pubblici, più adatta anche alle dimensioni delle produzioni agricole italiane.
“Una ricerca genetica per i nostri ricercatori e per la nostra agricoltura che chiediamo formalmente al governo di aprire”, ha concluso il presidente di Confagricoltura, invitando tutto il mondo della scienza ad unirsi all’appello.